Esportatori abituali – Obblighi e responsabilità del fornitore per prevenire frodi Iva

In questo periodo si pianificano gli sforzi dell’Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza per individuare possibili frodi Iva.

L’atto di indirizzo sulla politica fiscale 2018-2020 assegna infatti alla Guardia di Finanza il compito di concentrare “le risorse nei confronti dei fenomeni evasisi più diffusi e pericolosi, fra cui  (…) le frodi iva” tra cui il cosidetto fenomeno del “missing trader” (l’operatore mancante).

Vediamo di andare con ordine ad inquadrare un fenomeno che potrebbe riguardare imprese che, in buona fede, potrebbero essere coinvolte in frodi Iva.

Gli Esportatori abituali sono i soggetti economici che “abitualmente” effettuano cessioni all’esportazioni e operazioni intracomunitarie non imponibili iva, intendendosi per “abitualmente” l’effettuazioni delle suddette operazioni per un ammontare superiore al 10% del volume d’affari realizzato nell’anno solare precedente ovvero nei dodici mesi precedenti.

A causa dell’elevato numero di operazioni verso l’estero, non imponibili ai fini iva, tali soggetti si trovano strutturalmente a credito nei confronti dell’erario e per evitare che questi ultimi risultino penalizzati a causa delle tempistiche e oneri dei rimborsi iva la normativa tributaria italiana prevede, all’art. 8, comma 1, lett.c) del DPR 633/72, la facoltà di detassare gli acquisti di beni e servizi effettuati da tali soggetti, entro il limite delle esportazioni da questi realizzati nel corso dell’anno solare precedente o dei dodici mesi precedenti (plafond fisso o mobile).

Premesso cosa si intende per esportatore abituale si analizzano di seguito i principali adempimenti posti a carico sia del soggetto acquirente (esportatore abituale) che del suo fornitore.

Gli esportatori abituali, prima di effettuare acquisti senza pagamento dell’imposta devono trasmettere all’Amministrazione Finanziaria una c.d. lettera/dichiarazione d’intenti, come prescritto dall’art. 20 del Dlgs 175 del 21 novembre 2014, manifestando in tal modo la volontà di acquistare beni e servizi senza applicazione dell’iva.

Con l’invio di tale lettera d’intenti, l’imprenditore pertanto, attesta, sotto la propria responsabilità, di possedere lo status di esportatore abituale e di poter effettuare acquisti senza il pagamento dell’IVA e, solo successivamente a tale trasmissione, l’esportatore può richiedere al proprio fornitore di effettuare acquisti senza addebito dell’imposta consegnando, prima dell’effettuazione dell’operazione, la lettera d’intento e la ricevuta di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate.

L’esportatore abituale dovrà inoltre tenere l’apposito registro delle dichiarazioni d’intento nonché indicare nella dichiarazione iva annuale la modalità di determinazione del Plafond (fisso o  mobile) nonché il relativo utilizzo.

Specifici adempimenti sono posti anche a carico del fornitore dell’esportatore abituale il quale, una volta ricevuta la lettera d’intento dovrà verificare la regolare trasmissione telematica della stessa, anche tramite l’apposita pagina sul sito dell’Agenzia delle Entrate (https://telematici.agenziaentrate.gov.it/VerIntent/VerificaIntent.do?evento=carica) e la coerenza tra la lettera d’intenti ricevuta e quella trasmessa telematicamente all’Agenzia delle Entrate.

E’ essenziale che tale verifica sia preventiva, in mancanza di regolare trasmissione telematica il fornitore si espone al rischio di fatturare senza iva in assenza dei presupposti, con conseguente applicazione della sanzione dal 100% al 200% dell’imposta non versata, fermo l’obbligo del pagamento del tributo (art. 7, comma 3 del Dlgs 471/97).

Occorre inoltre prestare attenzione a non fatturare senza iva per un ammontare eccedente il plafond comunicato con lettera d’intenti; chi fattura senza applicare l’Iva superando l’importo indicato nella lettera d’intento ricevuta, si trova nella stessa situazione di chi effettua operazioni senza addebito d’imposta in mancanza della dichiarazione dell’esportatore abituale, esponendosi così alla sanzione dal 100 al 200% dell’Iva non applicata.

Il fornitore dell’esportatore abituale dovrà inoltre riepilogare nella dichiarazione iva annuale i dati contenuti nelle dichiarazioni d’intento ricevute, tenere l’apposito registro delle dichiarazioni d’intento ricevute e annotare nelle fatture emesse il titolo di non imponibilità nonché gli estremi della dichiarazione d’intento (data e numero di emissione da parte del cliente, data e numero di registrazione nel registro delle dichiarazioni di intento del fornitore).

Il secondo periodo dell’art 7 D.Lgs 471/97 prevede che “qualora sia stata rilasciata la dichiarazione, dell’omesso pagamento dell’imposta rispondono soltanto i cessionari, i committenti e gli importatori che hanno rilasciato la dichiarazione stessa”.

La normativa vigente prevede quindi che, in caso di regolare trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate della lettera d’intento, la responsabilità gravi esclusivamente sul cessionario che si è dichiarato esportatore, lasciando in capo al fornitore esclusivamente l’onere di riscontrare in via telematica che la lettera d’intento ricevuta sia stata trasmessa all’Agenzia delle Entrate.

In caso di lettera d’intenti regolare e veritiera pertanto la responsabilità del fornitore si esaurisce con l’esatto adempimento degli obblighi sopra esposti.

In caso  però di lettera d’intento falsa o ideologicamente falsa, la responsabilità del fornitore  non si estingue con la verifica della regolare trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate della lettera d’intento;  negli ultimi anni infatti ha preso piede un orientamento di derivazione comunitaria decisamente più rigoroso che, in caso di lettere d’intento false o ideologicamente false, esonera il fornitore da responsabilità solo nel caso in cui quest’ultimo sia in grado di dimostrare l’assenza di un proprio coinvolgimento nella frode posta in essere del cessionario.

Ad avviso della Corte di Cassazione, infatti, «in tema d’IVA, la non imponibilità delle cessioni all’esportazione effettuate nei confronti di esportatori abituali, prevista dall’art. 8, comma 1, lett. c), del DPR n. 633 del 1972, non può essere subordinata alla sola formale specifica dichiarazione d’intento dell’esportatore ove questa sia ideologicamente falsa, occorrendo in tale ipotesi che il contribuente cedente dimostri l’assenza di un proprio coinvolgimento nell’attività fraudolenta, ossia di non essere stato a conoscenza dell’assenza delle condizioni legali per l’applicazione del regime di non imponibilità o di non essersene potuto rendere conto pur avendo adottato tutte le ragionevoli misure in suo potere» (Cass. n. 19896 del 5.10.2016; Cass. n. 176 del 9.1.2015; Cass. n. 7389 dell’11.5.2012; Cass. n. 12751 del 10.6.2011; Cass. N. 14937 del 8.6.2018).

Cosa deve fare quindi il fornitore dell’esportatore abituale per non correre il rischio di essere ritenuto corresponsabile della frode?

La buona fede implica il fatto che il fornitore riesca a dimostrare di essersi comportato in modo diligente, effettuando tutte le attività di controllo e assumendo informazioni sul cliente tipiche del “commerciante avveduto”, verificando l’affidabilità della controparte.

E’ pertanto importante che, in caso di ricevimento di una lettera d’intenti, il fornitore esegua un minimo di indagine sul cliente e si precostituisca un dossier contente le informazioni sullo stesso conoscibili nel momento in cui l’operazione di vendita senza iva viene posta in essere, eventuali informazioni sul contribuente conoscibili solo successivamente infatti non possono essere utilizzati dall’Agenzia delle Entrate ai fini di un eventuale accertamento che non può essere fondato su una valutazione ex post.

Tipici elementi da verificare, e da conservare ai fini di una eventuale difesa, potrebbero essere, oltre ovviamente alla corrispondenza tra il documento ricevuto e quello trasmesso telematicamente all’Agenzia delle Entrate, ad esempio:

  • Visura camerale che dimostri l’anzianità del cliente e la sua iscrizione alla camera di commercio da almeno un anno;
  • Effettività della sede legale e detenzione di sedi operative;
  • Tipo di attività svolta;
  • Presenza di dipendenti e in generale di una struttura organizzativa aziendale;
  • Presentazione dei bilanci in Camera di Commercio.

Ricordando che l’atto di indirizzo sulla politica fiscale 2018-2020 assegna alla Guardia di Finanza il compito di concentrare “le risorse nei confronti dei fenomeni evasisi più diffusi e pericolosi, fra cui  (…) le frodi iva” si ribadisce l’importanza fondamentale di tale dossier il quale permette di difendersi in caso di contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate .

Si ricorda che per le esportazioni in oggetto non è previsto l’obbligo di provare l’avvenuta uscita dei beni dal territorio comunitario. L’agevolazione disposta a favore dell’esportatore abituale, consistente nell’acquisto di beni/servizi senza applicazione dell’imposta, ha infatti carattere oggettivo, nel senso che non decade se i beni acquistati o importati non vengono successivamente esportati, tant’é che la dichiarazione che l’esportatore abituale deve inviare al proprio fornitore non attesta l’intento di esportare i beni acquistati, ma solo l’intento di avvalersi del beneficio previsto in relazione alla qualifica posseduta.

Alla luce del quadro normativo attualmente in vigore e in relazione al livello di indagine che dovrebbe effettuare il fornitore dell’esportatore abituale si ritiene che la non imponibilità iva non sia in alcun modo legata all’effettiva esportazione dei beni acquistati.

Si segnala però un orientamento della Cassazione in senso contrario a quanto sopra esposto, (Cass. 15.05.2015 n. 9940) secondo cui la non imponibilità presuppone che i beni ceduti all’esportatore abituale siano esportati. In difetto, si assume che il fornitore sia consapevole della falsità ideologica della dichiarazione d’intento.

Tale orientamento non appare condivisibile né tantomeno in linea con i principi espressi dalla Corte di Giustizia Europea,  in quanto andrebbe a far ricadere un’attività di controllo, che per legge è riservata all’Amministrazione Finanziaria, sul  fornitore dell’esportatore abituale.

Tutto ciò detto risulta quanto mai opportuno predisporre e conservare il dossier informativo sul cliente che invia la dichiarazione d’intenti.


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